Personal Branding e Big Data – la libertà di essere

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Immagino che avrai sentito parlare spesso di personal branding e big data ed in questo articolo di Curriculum Vincente intendo spiegarti cosa sono e come puoi sfruttarli al meglio per trovare lavoro preservando al contempo la tua libertà di essere, anziché esserne schiacciato. Oggi internet può aiutarti a trovare lavoro o distruggerti le possibilità di carriera assieme alla vita: vediamo come.

Il termine “personal branding” descrive quell’insieme di attività che riguardano la cura della tua immagine sul piano professionale, il tuo marketing personale. Parliamo della versione 2.0 del “sapersi vendere”: significa impostare una strategia per condividere i tuoi punti di forza, ciò che ti rende unico e differente rispetto ai tuoi concorrenti e comunicare in maniera efficace cosa sai fare, come lo sai fare, quali benefici porti e perché gli altri dovrebbero sceglierti, il tutto verso gli interlocutori di tuo interesse.

Il personal branding è possibile in vari modi: tutto sommato c’è sempre stato ed oggi avviene soprattutto grazie ad un utilizzo intelligente di internet, tramite un mix di piattaforme diverse.

Le big data, invece, sono “dati massivi” che possono essere utilizzati per ricavare il CV di una persona tramite la rete, ma su questo tornerò nello specifico dopo.

Ogni giorno ricevo sempre email o messaggi sui social da persone che mi chiedono aiuto ed il tema è sempre quello: la mancanza di un lavoro stabile e di qualità.
Non so come sia la tua situazione: forse già lavori e vuoi cambiare lavoro, forse sei disoccupato/a e sei costretto a fare affidamento sul tuo partner mentre cerchi altro, oppure puoi contare solo su te stesso e sai quanto è dura la vita, il portare a casa la cena tutti i giorni, facendo affidamento solo sulle tue forze.
O peggio ancora sei senza lavoro e devi trovarne uno il prima possibile, prima che finiscano i tuoi risparmi.

Se anche tu vuoi rimetterti in gioco, questo articolo ti darà degli spunti preziosi per riposizionarti come candidato di valore per le imprese, sfruttando la potenza di internet per lavorare sul tuo brand personale.


il personal branding nella pratica


Siccome qui su Curriculum Vincente voglio solo la verità, ti avviso prima di una cosa:

Il personal branding serve a tutti in modo indiscusso, ma l’intensità della sua utilità cambia in modo soggettivo a seconda di professione, settore ed anzianità.

Non credi che sia per tutti? Te lo spiego subito. Il tuo “marchio personale” è composto da 4 elementi principali, come se tu fossi una micro-impresa:

  1. la tua immagine
  2. i tuoi valori
  3. la tua missione
  4. la tua visione

La tua immagine è quella di professionista del tuo settore: non devi cercare di essere il meglio in assoluto al mondo ma farti percepire come un esperto del tuo settore specifico, una persona seria, affidabile e competente in un dato ambito, che sa davvero risolvere i problemi e che si merita ogni centesimo di stipendio.

I tuoi valori sono ciò in cui credi nella vita, nel lavoro, le cose che per te sono fondamentali e vengono prima di tutto. Se ci pensi, nel mondo occidentale abbiamo tantissimi valori ma quali sono i primi 3 o 5 per te che sono davvero importanti? E come li manifesti? Sei uno che premia più la qualità o la velocità? Viene prima lo spirito di squadra o l’ambizione? Chi entra in contatto con te deve ben capire quale è la tua bussola interiore!

La tua missione è il tuo scopo come professionista, che può essere anche molto semplice: per una donna delle pulizie sarà far trovare la casa fresca ed in ordine ai suoi clienti, per un mega-direttore di stabilimento sarà assicurare efficienza e risultati nella produzione. Chi entra in contatto con te deve ben capire per cosa ti impegni ogni giorno.

La tua visione è come pensi di saper fare la differenza, come sono i tuoi clienti dopo il tuo operato, come pensi di cambiare il mondo anche nel tuo piccolo, come pensi che le cose sarebbero diverse in seguito ai risultati che porti.


strumenti per il personal branding


E tutto questo come lo dimostri? Con un mix di strumenti che sono dati da:

  • blog personale (un po’ come faccio io con Curriculm Vincente, che mi è utile anche come dimostrazione delle mie capacità di ricerca e selezione dei candidati e di formazione)
  • sito web personale
  • presenza professionale sui social
  • articoli, interviste e pubblicazioni, anche cartacee
  • dimostrazioni pratiche di te e delle tue competenze su Instagram e youtube
  • referenze dai tuoi clienti soddisfatti e colleghi
  • campioni gratuiti (se è possibile) del tuo operato, così come premi, trofei, partecipazione a concorsi professionali etc.

Tutti i contenuti che curi devono essere finalizzati a farti percepire come un grande specialista nel tuo settore dalle altre persone, soprattutto a quelle che potrebbero avere bisogno di te e che sarebbero disposte a pagarti. Ognuno di noi è infatti responsabile della propria comunicazione e di come gli altri ci vedono.

Ora, è chiaro che il personal branding conta molto di più per i dirigenti e per i liberi professionisti che per l’operaio non qualificato, tuttavia è sempre bene curare questo aspetto a prescindere da ogni altra considerazione perché ne avrai sempre dei benefici.


controlla l’immagine che dai di te


Come avevo già spiegato su LinkedIN in un post diventato virale (oltre 70.000 visualizzazioni), è essenziale gestire bene la propria presenza su internet perché le imprese e chi fa selezione prima o poi verranno a controllare i tuoi profili per vedere chi sei: se sei una persona seria e collaborativa oppure un bellicoso piantagrane di prima categoria, che farebbe solo infuriare i colleghi e non si inserirebbe mai in azienda.

Se da un lato non puoi essere diverso da ciò che sei, dall’altro puoi farti furbo ed essere consapevole delle tracce che lasci sul web: tu te ne dimentichi, ma sul web rimane tutto e gli altri possono usarlo per scopi che nemmeno ti immagini. Articoli come questo dovrebbero farti seriamente riflettere: il fisco è autorizzato a fare accertamenti del tuo stile di vita tramite le foto che pubblichi su Facebook ed Instagram, mentre magari tu eri convinto di condividere delle belle emozioni con i tuoi amici, o che i tuoi commenti su un tema scottante finissero lì perché tanto nessuno se ne sarebbe ricordato.
Lo stesso ex-Executive di Facebook, Chamath Palihapitiya, spiega che i social sono pericolosi e che lui, pur avendo contribuito a crearli, non ha mai pubblicato praticamente niente.

Ora, anche senza diventarne ossessionati, sei tu che devi sviluppare la maturità di pensiero per sfruttare quella che può essere una risorsa anziché essere tu ad essere fruttato e messo in difficoltà dal sistema.

Alcuni consigli generalmente validi per tutelarti sono:

  1. se lo usi solo per divertimento, blinda il tuo profilo Facebook ed Instagram in modo che lo possano vedere solo gli amici, e sii selettivo con chi accetti nelle tue cerchie.
  2. utilizza l’opzione per rendere temporanei i post su Facebook, specialmente su quelli che un giorno potrebbero diventare problematici.
  3. elimina ogni cosa che non ti serve più, come vecchi siti ed account social che non usi più
  4. utilizza nickname che non richiamino a te quando utilizzi forum di qualsiasi tipo e non pubblicare in modo incontrollato dati che potrebbero ricondurre a te, come email e numero di cellulare.
  5. evita di inondare il tuo Instagram di selife (a meno che tu non faccia il modello o la modella di professione)
  6. pubblica solo contenuti professionali su LinkedIN inerenti il tuo mondo, senza strafare. Sii assertivo, calmo ed educato nei confronti on-line con altre persone, rispettando anche chi ha idee opposte alle tue, mantenendo al contempo il diritto di esprimere il tuo pensiero.

E soprattutto…

Controlla cosa dice Google di te!

Hai mai provato a digitare il tuo nome o la tua email, o numero di cellulare, per vedere cosa ne esce fuori? Se non lo hai mai fatto, dovresti davvero farlo per vedere cosa salta fuori ed eventualmente cancellare ciò che lavora contro di te.

Per fornirti un esempio, cito l’eco di un articolo di Seth Godin, uno dei maggiori esperti di marketing al mondo. Non ho mai letto l’originale in inglese, ma la storia è questa e combacia alla perfezione con la mia esperienza di recruiter e quella dei colleghi con cui ho lavorato: una sua conoscente ha avviato un’ordinaria ricerca e selezione per una aiutante domestica. Dopo aver pubblicato i consueti annunci di lavoro on-line, ha selezionato i tre profili che più combaciavano con il profilo ideale della persona ricercata e ha fatto una cosa che ormai è diventata una consuetudine nell’era del web 2.0 e che a volte faccio pure io, prima di presentare dei candidati alle aziende clienti (per non correre il rischio di portare a colloquio persone in realtà impresentabili). Ha cercato notizie delle tre candidate su Google per vedere chi avrebbe fatto entrare in casa sua e questi sono stati i risultati:

1. La prima candidata aveva una pagina sul vecchio MySpace (sì, esiste ancora) con foto imbarazzanti di lei che si scolava un barile di birra da sola e tra i suoi hobby era presente anche quello di bere sino allo sfinimento, un’usanza purtroppo in diffusione anche in Italia.

2. Per la seconda, Google ha trovato il suo “fantastico” blog personale, dove la candidata raccontava di essere stanca di lavori umili, di volerli evitare o lasciar perdere quanto prima. Motivazione zero, si era proposta solo per i soldi e se ne sarebbe dunque andata alla prima occasione, lasciando la donna in cerca di un’assistente di nuovo punto e a capo.

3. Per la terza, sono emerse “solo” delle foto in pose sessualmente esplicite.

Indovina un po’, non è stata assunta nessuna delle tre! E la stessa cosa è successa più e più volte e continuerà a succedere a tutti i livelli di professionalità e responsabilità. Celebre il caso di giovani promettenti candidati ad Harvard che sono stati scartati per via dei contenuti pubblicati sui social. (qui l’articolo de IlSole24Ore). Vuoi che succeda anche a te?

Te lo ripeto: purtroppo Google/internet non dimentica niente, ma proprio niente, e tiene traccia di tutto. Sono sempre più numerosi sia gli utenti che che cercano informazioni in rete su professionisti ed aziende, così come i colleghi “cacciatori di teste” e recruiter che verificano la presentabilità di un candidato tramite un check sui social per evitare brutte figure.

Ora, qui siamo ben lontani dalle tanto chiacchierate “Big Data” che dovrebbero farci il CV a nostra insaputa: l’uomo comune non deve preoccuparsi tanto di quello, mentre dovrebbero farlo i grandi manager e professionisti etc. che sono costantemente al centro delle attenzioni e che lasciano tracce di sé ogni istante, su internet e sulla carta stampata. Non tu che mi leggi.
Ti dirò anche una cosa: essendo io innanzitutto uno psicologo del lavoro nonché pratictioner di Lumina Learning (che ti raccomando davvero se vuoi lavorare sulle tue capacità trasversali e personalità), sono costantemente aggiornato anche in fatto di test e psicometria e sto tenendo sott’occhio l’evoluzione nel settore che riguarda sia la gamification (cioè rendere i test per le selezioni più vicini a dei giochi, per renderli più piacevoli ed attrarre i millennials) che l’utilizzo dei social per aggregare dati sui candidati e determinarne personalità ed attitudini.
Per quanto l’idea di fondo sia affascinante, siamo ben lontani da qualcosa di scientifico ed affidabile! In particolare, ci sono grossi problemi con gli strumenti che cercano di analizzarci tramite i social: tralasciando palesi problemi di privacy, per una macchina è impossibile ad esempio cogliere l’humor ed il sarcasmo di una persona!
E soprattutto, le persone mostrano solo una parte della propria vita sui social (sicuramente in modo più o meno esteso), pertanto non si avrà mai una rappresentazione del tutto – ammesso che sia accurata – ma soltanto di una parte di ogni persona, della facciata che mostra inconsapevolmente o della facciata che mostra con intenzionalità.
Se non mi credi, prova tu stesso ad utilizzare questo link per provare “Apply Magic Sauce” e vedrai che NON ti riconoscerai nei risultati. https://applymagicsauce.com/demo.html

Forse quanto ti ho scritto l’avevi già intuito, lo sapevi già oppure ti manda in bestia solo a pensarci, perché la vedi come l’ennesima restrizione, bavaglio sulla bocca e limite al tuo diritto di esprimerti e di dire la tua. Ma è così solo in parte: se mantieni toni civili e sai argomentare, nessuno potrà mai giudicarti per questo e sta anche a te gestire questo tuo diritto con discrezione ed intelligenza, evitando che ti si ritorca contro come un boomerang.
Inoltre, se trovi un’azienda che non ti vuole per via delle tue idee politiche, del tuo orientamento religioso o sessuale, per quello che mangi o altri temi è probabile che quella non sia un’azienda dove valga la pena lavorare. Attento però perché è facile superare il confine che separa chi esprimere con convinzione le proprie opinioni e chi viene percepito come una persona litigiosa, mentalmente rigida, che non ascolta mai gli altri e che vuole imporre le proprie idee, come un estremista invasato di una categoria. A quel punto non è più ciò che credi a fare la differenza ma la tua capacità di relazionarti agli altri in modo pacifico e collaborativo ad essere messa in discussione.


4 consigli per una tua immagine positiva on-line


Dunque, se prima ti ho dato dei consigli su come difenderti, qui ti riassumo alcune linee guida che ti saranno certamente utili per proporre una tua immagine positiva che ti supporterà nelle fasi final delle selezioni.

  1. Valorizza le tue passioni, cercando di esprimerle al meglio;
  2. Comunica come tu puoi aiutare gli altri tramite quello che fai, anziché chiedere aiuto agli altri;
  3. Rifletti su cosa ti rende davvero unico e differenzia il tuo lavoro dalla massa, anche se solo per i dettagli; cosa di te fornisce un valore aggiunto per il settore o settori in cui ti proponi;
  4. Trova la risposta a questa domanda: “Perché un datore di lavoro dovrebbe scegliere te al posto di un altro?”

Sicuramente ci sarebbe di più da dire sul tema, ma a te basta sapere questo per i fini di una possibile assunzione: tutte queste buone pratiche sono valide infatti anche per chi vuole fare il libero professionista o l’imprenditore, ma in questo articolo sono declinate nel caso specifico di chi vuole curare il proprio brand personale come dipendente.

Sperando di averti aiutato per lavorare sul tuo brand personale, concludo con una citazione di un uomo molto intelligente e colto, che calza a pennello su questo tema:

“NON C’È MAI UNA SECONDA OCCASIONE PER FARE UNA PRIMA BUONA IMPRESSIONE.” – OSCAR WILD.

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