Dopo aver affrontato i colloqui di selezione, le prove di assessment e le modalità di risposta col metodo STAR, voglio approfondire un tema che da sempre angoscia i candidati. Parlo del feedback dopo il colloquio di lavoro: quando ti serve davvero?
Ognuno di noi vorrebbe il proprio feedback personalizzato ma rendiamoci conto che questa è una utopia: persino in Svizzera, dove è obbligo dare risposta ai candidati, non si può mandare un feedback personalizzato a tutti spiegando cosa ciascuno dovrebbe cambiare per farsi assumere. Tuttavia, puoi capirlo già da solo tramite i consigli che sto per darti.
corazzarti contro il rifiuto
È la prima cosa che devi fare: nessuno può piacere a tutti e, citando un amico, “nemmeno Dio ci è riuscito”. Pertanto sarà inevitabile che alcune imprese non ti vogliano nonostante tu soddisfi tutti i requisiti tecnici di una posizione vacante.
La tua capacità di corazzarti contro i “no” assieme alla resilienza (capacità di reagire davanti agli eventi negativi) sono due delle capacità fondamentali da sviluppare quando cerchi lavoro.
Purtroppo anche affrontare i colloqui di lavoro richiede esperienza e lo sviluppo di determinate competenze, capacità e know-how (sapere come fare) quindi ti capiterà di ricevere numerosi messaggi di rifiuto, senza sapere bene perché le imprese ti hanno scartato.
Quando si viene rifiutati più e più volte, è normale per un candidato sentirsi pervaso da un forte senso di squalifica che può demoralizzare, ma non devi demordere e continuare a proporti, ragionando però su quello che stai facendo.
Se mandi 10 CV e nessuno ti vuole conoscere può essere un caso, se ne mandi 100 ed ottieni solo “NO” devi iniziare a riflettere su eventuali errori del metodo con cui ti proponi e porti delle serie domande sulla tua reale compatibilità con il lavoro che vuoi fare. Allo stesso modo se arrivi alle interviste ma te le “bruci” e non le superi mai.
So che è difficile imparare in un contesto dove i feedback strutturati sono rari ma i segnali ci sono ed è la strada maestra per trovare lavoro anche nell’Italia di oggi.
il feedback
Il feedback è un “segnale di ritorno” che aiuta chi comunica ad accertarsi che il proprio interlocutore abbia ben compreso il messaggio che l’emittente gli ha inviato. Nelle sue forme più strutturate, il feedback è uno strumento di crescita perché aiuta chi lo riceve a capire cosa sta facendo bene o male e come migliorarsi di conseguenza e deve essere basato su fatti, azioni, risultati, contesto (inclusa una finestra temporale) e mai sulla persona in sé.
Nella ricerca e selezione, spesso il feedback è solo di “idoneo o non idoneo” e per questo diventa difficile capire se e cosa sia andato storto, in modo da poter correggere il tiro la volta successiva.
Normalmente, le imprese danno feedback molto strutturati solo ai candidati ad alto potenziale che, per un qualsiasi motivo, magari il giorno non hanno superato il colloquio o la prova, magari sono ancora acerbi ma potrebbero essere delle valide risorse in futuro all’azienda.
La principale difficoltà è che spesso le imprese chiedono cose diverse, sono diverse tra di loro e ciò che si impara dal colloquio con una può non valere per le altre.
Ecco quindi dei consigli pratici per capire meglio qualcosa:
- impara a dividere le imprese per sotto-categorie, ad esempio in base alla loro cultura: lo vedrai da come ti accolgono e dalle persone che le rappresentano. Potresti migliorare questa capacità di analisi facendo i corsi di lettura veloce delle persone con Lumina Learning. Se dividi le imprese in categorie, è più probabile che tu capisca cosa vuole un tipo di imprese e cosa un altro, per poi adattare di conseguenza il tuo comportamento.
- confronta la tua performance con l’annuncio di lavoro iniziale: è una cosa che dovresti fare sempre prima dei colloqui, a prescindere. Confrontando quello che hai portato con i requisiti (che coincidono ai bisogni aziendali) dovresti poter dire da solo se sei stato poco convincente oppure se hai dato prova di possedere tutti i requisiti richiesti e di essere la persona che quell’impresa cercava.
- presta attenzione alle tue reazioni a pelle ed alla faccia dell’esaminatore: normalmente, quando si va a colloquio, c’è sempre una certa tensione ed anche le persone meno introverse e meno abituate ad “ascoltarsi dentro” ne usciranno con delle sensazioni a pelle. Un esercizio è quello di prestare attenzione a tali sensazioni, come la pancia che si irrigidisce, il disagio che si prova o il sudore freddo, perché significa che hai avvertito che una tua reazione ha in qualche modo turbato il tuo esaminatore con contenuti o forma indesiderati. Anche se non dovessero dirtelo, potrai avere la quasi certezza di aver “sbagliato” in quel momento. Inoltre, anche i recruiter più esperti di solito lasciano trapelare le loro emozioni tramite il linguaggio corporeo e le espressioni del viso (come sorrisi veri o a denti stretti, smorfie, visi corrucciati o contatto visivo): puoi usarle per rafforzare la tua capacità di auto-analisi.
- impara ad essere te stesso in modo controllato e a capire quando non devi dare importanza ai feedback. Le “macchine da guerra” in intervista sono solo le persone che hanno imparato meglio di te ad adattare il loro comportamento in base al contesto ed all’interlocutore. Non puoi cambiare da un giorno all’altro chi sei e nemmeno avrebbe senso farlo per una singola impresa! Ma puoi cercare di accentuare o ridurre alcune tue qualità e difetti in base alla lettura del contesto. In linea di massima, le persone fiacche, arroganti, esagitate o passive non piacciono a nessuno. Il comportamento ideale da tenere sarebbe a cavallo tra la compostezza e l’entusiasmo e tra la collaborazione e l’autorevolezza (ovviamente con un peso diverso in base all’età ed alla seniority professionale). Se un’impresa cerca persone fortemente estroverse ed energiche e tu sei calmo, introverso e riflessivo, c’è poco da fare e sapere che non ti hanno preso per quello non ti aiuterà a fare meglio la volta prossima, anche perché è possibile che troverai un’impresa che apprezzerà la tua calma perché non ama le persone esagitate. Questo è lo stesso motivo per cui non puoi “battere” i test di personalità: a che ti giova ottenere un lavoro che poi non riesci a svolgere?
Uno dei miei clienti più affezionati, ad esempio, è arrivato secondo alle selezioni presso un vero leader globale nei servizi internet e non è stato preso per un soffio perché lo hanno trovato un po’ logorroico. Subito dopo, è stato assunto presso un’altra grande impresa di settore simile proprio perché hanno apprezzato la sua passione per il lavoro e la sua voglia di comunicare.
Potrei raccontarti un numero quasi infinito di persone scartate perché “troppo belle, troppo educate, troppo gentili, troppo in gamba, troppo qualificate, troppo motivate” etc. Ma sono tutte cose che non sono “difetti da correggere” e tu puoi solo prenderne atto e andare avanti.
quando il feedback ti serve davvero
Il feedback ti serve davvero nei seguenti casi:
- quando sono proprio sbagliate le risposte che dai
- quando ti stai auto-sabotando (e magari non te ne rendi conto)
- quando hai grossi punti di forza, che magari ti hanno fatto avere il colloquio, ma hai anche grossi scompensi ad es. per mancanza di qualifiche, di certe competenze o di attitudini
In tutti gli altri casi, non ti è essenziale e puoi essere tu il giudice della tua stessa performance. Se hai dato il massimo e comunque non sei stato preso, è possibile che sia stato scavalcato da una persona più qualificata e idonea di te, altrimenti dovresti poter essere in grado di capire da solo se e dove hai sbagliato e cercare di rafforzare la tua capacità di proporti durante un colloquio di lavoro.