Employer branding: azienda di successo = lavoro felice?

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Stai cercando lavoro e lo stai facendo nel modo giusto seguendo le mie guide su come usare il CV una volta pronto.  Riassumendo, è essenziale utilizzare più canali come rispondere agli annunci di lavoro, contattare agenzie di recruiting, usare il passaparola anche su LinkedIN e proporsi direttamente alle imprese senza attendere annunci di lavoro. Ma in questo percorso c’è un’insidia di cui devo avvisarti in modo specifico ed è data da quelle imprese che sono commercialmente di successo ma caratterizzate da una cultura distruttiva nei confronti dei propri dipendenti. L’employer branding di un’azienda infatti dice molto della qualità di vita al suo interno: informarti, come sto per spiegarti, è la chiave per una vita professionale felice e coerente con la tua identità.

Quando si cerca lavoro, infatti, si tende a pensare che le aziende che vendono di più, e che dunque hanno un maggior successo a livello commerciale, siano il posto migliore dove proporsi perché hanno più capitali da re-investire per pagare le Risorse Umane.
In sostanza, le aziende che hanno un brand forte, noto e ben posizionate sul mercato sono quelle più appetibili.

Tutto questo può non essere vero. Ad esempio, i tecnici del settore sanno che Ferrari non paga moltissimo i propri ingegneri nonostante gli alti margini della compagnia. Ciò avviene probabilmente perché c’è molta offerta da parte di professionisti qualificati: probabilmente gli stipendi offerti da Ferrari sono adeguati per riconoscere gli investimenti necessari per qualificarsi ma parte della remunerazione sta nel prestigio che deriva dal lavorare in Ferrari. Ferrari ha un alto potere negoziale, che magari non hanno altre case automobilistiche di minor successo che sono costrette a pagare di più per attrarre i migliori talenti (specialmente se questi devono trasferirsi all’estero).

In una nota cooperativa nel settore della ristorazione basata a Reggio Emilia so che hanno una politica HR basata almeno in parte sul contenimento del costo delle proprie risorse umane, specialmente quelle alla base della piramide. Ovvero stipendi bassi a discapito di chi fa il lavoro più vicino ai clienti.

Se questi sono dati oggettivi, ci sono anche le percezioni sociali dei lavoratori, che diventano virali come stereotipi e pregiudizi positivi o negativi e che non necessariamente corrispondono al vero. Ecco alcuni esempi.

  1. Amazon. è indubbiamente tra le realtà di successo economico al mondo, ma viene anche regolarmente accusata di comportarsi come un vero schiavista nei confronti dei dipendenti, costretti a ritmi frenetici e sfiancanti soprattutto se si parla di chi lavora nei magazzini, ma non solo. Ma è vero? Non lo sappiamo: ad esempio, ho due cari amici che lavorano in Amazon e mi dicono che effettivamente il lavoro è impegnativo ma che anche almeno nella loro filiale c’è un clima allegro e di benessere e spirito di squadra e che molte delle notizie che girano su Amazon sono “fake news” fatte apposta per screditare Amazon, visto quanto sia pericolosa per i negozi e le piccole realtà commerciali. Ma nemmeno i miei amici hanno la certezza che TUTTE le filiali e la sede centrale di Amazon corrispondano alla loro visione, perché anche loro ne vedono solo una parte.
  2. Ferrari. Ha la reputazione di essere un’azienda con una fortissima tensione al risultato, che dà tantissimo soprattutto in termini di formazione e scuola interna ma pretende davvero molto, e forse troppo, dai suoi dipendenti, tanto da essere caratterizzata da un turnover elevato (ricambio tra persone che se ne vanno per cause diverse dalla pensione e nuovi assunti, che è male) e a livelli di stress davvero molto alti. Vero o falso? Non lo sappiamo, ma il “sentire comune” è quello. E lo stesso discorso si può dire per Microsoft e tante grandi aziende.
  3. Apple. Specialmente quella ai tempi di Steve Jobs era un’impresa in cui era molto difficile vivere proprio per via del carattere imprevedibile, scontroso ed irascibile di Steve, che dalle testimonianze storiche successive alla sua scomparsa pare fosse una persona ingestibile.

Un esempio opposto è invece dato dalla Virgin. Nonostante la genialità del suo creatore Richard Branson, il gruppo Virgin non è economicamente di successo come si potrebbe pensare. Traduco non alla lettera (per motivi di sintesi) il pensiero di Al Ries, genio del marketing, che lo spiega molto bene:

“Esistono oltre 300 aziende a marchio Virgin in tutto il mondo. I ricavi complessivi del marchio (Virgin) nel 2009 hanno superato gli 11,5 miliardi di sterline (circa 18 miliardi di dollari USA).
La maggior parte di queste 300 società sono private, quindi è impossibile stabilire se hanno successo. La Virgin Wine, a sua volta posseduta da altre 8 aziende a marchio Virgin di Virgin, non genera profitti: queste otto società hanno registrato un fatturato di $ 10,4 miliardi. In realtà hanno perso $ 429 milioni.
Quindi, se Virgin è un marchio potente, chi ha fatto circa $ 7,6 miliardi di vendite ($ 18 miliardi meno $ 10,4 miliardi) deve essere incredibilmente redditizio. Ma ne dubito. Quando è stata l’ultima volta che hai visto qualcuno bere una Virgin Cola, Virgin Vodka o Virgin Energy Shot?
Un discorso diverso avviene probabilmente per Virgin Atlantic. Ma quanto è redditizia la compagnia aerea? Nel suo ultimo esercizio, secondo il sito web di Virgin Atlantic, “La compagnia aerea ha realizzato profitti lordi pari a 46.8 milioni [escludendo la Virgin Nigeria]” pari a 75 milioni di dollari, al lordo. Al confronto, la la Southwest Airlines ha maturato nello stesso anno di 459 milioni di dollari americani netti, dopo le tasse.”

Eppure Richard Branson è ritenuto un imprenditore geniale, un leader capace oltre che carismatico, una persona saggia e benevola e le condizioni di benessere dei lavoratori sono ciò che attira moltissimi professionisti ed è molto probabile, anche se nessuno ne ha la certezza prima di entrarci, che le condizioni di lavoro sia in termini di stipendio che in termini di qualità della vita siano davvero positive nonostante risultati economici non così brillanti come altri competitors.

Se invece pensiamo a Google, è un’azienda che ha sia un brand commerciale che un employer branding positivi: è forte sul mercato ed ha la reputazione di un’azienda che premia il merito, il talento e la creatività, che è all’avanguardia anche riguardo le pratiche d’eccellenza adottate in fatto di cultura organizzativa e flessibilità sul lavoro. Ma anche qui è quello che arriva all’uomo comune, non sappiamo per certo se la realtà è questa.

Tutto questo contribuisce all’employer branding di un’azienda, ovvero alla forza del suo marchio di attirare in modo positivo giovani talenti e professionisti senior, che è diverso dal brand positioning sul mercato nonostante le numerose affinità.

Attenzione, qui non voglio fare pubblicità gratuita a nessuno né affermare che le sopra-citate aziende siano aziende “cattive” in cui lavorare e nemmeno dire che alcune sono meglio di altre. Sto semplicemente prendendo alcuni esempi sia di dati oggettivi che di percezione soggettiva in quanto tale per meglio spiegare certe dinamiche come l’employer branding ed il fit organizzativo, cioè quell’ “incastro” ottimale tra azienda e candidato non solo per competenze ma anche per valori, cultura ed atteggiamento mentale. C’è chi è uno stacanovista che regge benissimo lo stress ed è guidato da alti guadagni che va a nozze anche con le realtà più esigenti e stressanti, c’è chi invece è motivato da altro e deve essere consapevole che è psicologicamente più compatibile con alcune aziende che con altre.

Ti dico tutto questo perché sono tuo alleato nella ricerca di lavoro e non voglio che tu cada nell’errore di focalizzarti solo presso le aziende più famose, a discapito delle altre.
Così facendo potrebbero sfuggirti moltissime realtà davvero interessanti, delle PMI di fascia alta, che fatturano milioni di euro ogni anno, magari sono famose solo nel proprio ambito, vendono bene perché esportano il “made in Italy” ma non sono così “avanti” da aver investito in employer branding per attrarre talenti!

Se hai già una certa esperienza, dunque, una cosa che puoi fare è rivolgerti ai concorrenti della tua ex-azienda che conosci in modo indiretto e dei quali hai stima, i così detti competitors. Se invece stai cercando una prima opportunità o un cambio di carriera radicale, cerca di “segmentare” la tua offerta puntando non solo sulle grandissime imprese, dove spesso la competizione è anche maggiore perché ci vanno tutti (per carità, comunque proponiti!) ma anche sulle PMI evolute, che hanno un loro mercato e sono “sane”.

Certamente, ogni situazione comporta pro e contro: è più facile trovare delle realtà familiari evolute presso le PMI che presso le grandi imprese, dove i rapporti umani sono più autentici ma le posizioni manageriali sono spesso affidate ai figli del titolare e potresti avere meno possibilità di carriera. Allo stesso modo, presso le grandi imprese e le multinazionali ci sono potenzialmente più possibilità di crescita verticale rispetto alle PMI ma c’è anche molta più competizione ed è più difficile farsi notare ed operare a causa della struttura complessa e rigida.

Dunque, è sempre bene indagare prima di accettare un’offerta di lavoro, a meno che tu non sia davvero in una condizione di stringente bisogno di soldi.

La cosa peggiore che può capitarti proponendoti alle aziende (anche piccole, bada bene!) è quella di entrare senza saperlo in aziende che sanno di non avere la stabilità finanziaria per mantenere dei dipendenti e quindi ricorrono sull’orlo della legalità a contratti di lavoro a progetto con la promessa di inserimento a tempo indeterminato con un aumento di stipendio, per poi spremerti come un limone quando sei lì, trovare una scusa per darti dell’incompetente e non rinnovarti il contratto.
Sappi che ci sono persone che sanno essere delle grandi manipolatrici, specialmente quando maturano esperienza in queste tematiche, e se non stai attento ti ritroverai con:

  • un forte senso di sfiducia e squalifica in te stesso, che ti lascerà senza energie ed intossicato dal lavoro stesso che amavi, con una reazione di rigetto.
  • un CV frammentato fatto di lavori temporanei che insospettisce i miei colleghi recruiter, sebbene il precariato sia una triste realtà
  • Una forte sensazione di insoddisfazione personale dovuta al tempo speso (ed in parte sprecato) in un’azienda che , a parte uno stipendio sul breve periodo, non ti ha dato niente e forse ti ha addirittura tolto qualcosa.

Queste aziende dovrebbero a mio avviso fallire: fare impresa significa anche rispettare la costituzione e garantire almeno il minimo di decoro previsto per i dipendenti tramite stipendi dignitosi.

Prima di inviare il tuo CV alla cieca, puoi agire tramite tre canali:

  1. cerca di ottenere e sostenere più interviste a breve distanza l’una dall’altra, in modo da avere più potere negoziale e permettere a te di scegliere dove lavorare, non solo “farti scegliere”, basandoti sulla tua valutazione delle persone che ti selezioneranno e che rappresentano l’azienda. La scelta deve essere reciproca!
  2. Usa LinkedIN per contattare dipendenti o meglio ancora ex-dipendenti dell’azienda in cui potresti  lavorare e chiedi loro come vanno le cose lì. Se è solo uno a dirti che non va bene, può essere un problema di percezione soggettiva ma se sono in tanti a dirti che è un inferno, non c’è stipendio che tenga: potrai resistere all’inizio ma poi diventerà un incubo.
  3. Verifica le recensioni su Indeed e su Glassdoor. Il secondo è un portale specializzato nelle recensioni delle aziende, un po’ come TripAdvisor per i ristoranti ma in Italia è ancora assente (almeno in data attuale). Rimane comunque un mezzo valido almeno per farti una prima idea sia per le multinazionali presenti anche in Italia, perché spesso cercano di mantenere degli standard omogenei anche di cultura organizzativa, sia se vuoi cercare lavoro all’estero. Attenzione però a non fidarti eccessivamente, perché è molto facile trovare recensioni sia di persone che hanno ancora il dente avvelenato che dei manager che cercano di alzare il rating della propria azienda con recensioni positive fasulle. La verità sta nel mezzo e, di nuovo, usa LinkedIN per verificare le voci che hai sentito.
  4. Non dimenticarti del buon vecchio passaparola tradizionale: chiedi ai tuoi amici ed amici degli amici quante più informazioni puoi sulle aziende che ti interessano ed incrociale tra loro e con quanto trovi sul web.

Ricordati quanto segue.

non è tutto oro quel che luccica e dove c’è un problema ci può essere anche un’opportunità per chi sa risolverlo.

Mattia Loy
ilcurriculumvincente@gmail.com

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