Le differenze tra il recruiter ed il datore di lavoro

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In questo articolo voglio spiegarti le differenze tra il recruiter ed il datore di lavoro: una cosa tutt’altro che banale! Sapere questo elemento ti aiuterà a capire come comportarti meglio durante tutta la fase del processo di ricerca e selezione del personale.

Iniziamo con chiarire chi fa cosa.

Il recruiter: è un professionista del settore HR (Risorse Umane), specializzato in ricerca e selezione del personale e – talvolta – solo in una delle due. Noto anche come recruitment consultant, molto spesso ha un background formativo in discipline umanistiche, ad es. che parte dalla laurea in psicologia del lavoro o filosofia, e/o ha una forte esperienza passata per i ruoli che va a selezionare nel presente. (es. un ex-ingegnere che seleziona altri ingegneri).
Di recente il background richiesto ai candidati sta purtroppo cambiando e vengono sempre più spesso richieste capacità commerciali per iniziare questo lavoro, mentre quelle di selezione vengono sviluppate solo in seguito.

Il recruiter può operare come generalista, lavorando in più settori professionali, o come specialista di un unico settore professionale.
Nota bene:  questo è un elemento molto importante, perché se vuoi che un recruiter ti aiuti a trovare lavoro, devi prima entrare in contatto con lui e verificare (ad es. sul suo profilo LinkedIN) se il settore in cui lavora è lo stesso di cui TU fai parte!

Spesso il recruiter è un libero professionista e/o lavora per un’agenzia di consulenza, più raramente è un recruiter interno ad un’azienda. Nel secondo caso abbiamo uno specialista dedicato a quest’unica attività: il così detto “in-house recruiter” o “talent acquisition manager”, tipico di quelle imprese molto grandi dove c’è un’alta rotazione del personale e che lavorano regolarmente con dipendenti a progetto o a tempo determinato, altrimenti la ricerca e selezione è una delle tante attività assegnate al dipartimento Risorse Umane, che spesso collabora con le agenzie per il lavoro.

Anche i professionisti HR delle aziende possono svolgere la mansione di Ricerca & Selezione del personale, ma quest’attività viene solitamente svolta assieme ad altre come la formazione o la gestione degli aspetti contabili ed amministrativi delle HR ed è facile che si interfaccino con i recruitment consultant delle agenzie per gestire solo la selezione finale dei candidati già filtrati dalle agenzie.

L’Head Hunter è un tipo particolare di recruiter specializzato nella ricerca proattiva di personale altamente qualificato, spesso con lo scopo di incrementare l’organico della propria azienda o quello dei propri clienti o di privare la concorrenza dei suoi elementi migliori. L’Head Hunter può andare appunto a “caccia” di profili molto rari per i quali gli annunci sui siti di lavoro non bastano oppure può ricercare determinate persone già inserite nella concorrenza, risalendo l’organigramma aziendale.

Il datore di lavoro è in generale il titolare di un’azienda o il suo responsabile. In alcuni casi può essere un imprenditore, in altri casi può essere una persona giuridica e non fisica (ad es. quando è la Pubblica Amministrazione che assume).
Soprattutto nelle grandi imprese, cambia il tipo di relazione umana tra il dipendente ed il datore di lavoro rispetto a quanto avviene con le imprese più piccole. Infatti chi realmente interagisce con la risorsa umana assunta può non essere il datore di lavoro ma il direttore o reparto delle Risorse Umane, un quadro intermedio o un manager il quale, magari, prende parte attiva alla selezione della risorsa pur non essendo il “legale responsabile” del suo stipendio.

come ragiona un recruiter?

Il recruiter, come detto, lavora per un’agenzia ed ha il compito di fornire al cliente che lo paga (ovvero l’azienda che poi assumerà le risorse scelte) – dei candidati che siano il più possibile in linea con le richieste effettuate dal cliente.
Hai capito il concetto?

Se tu sei un candidato, il recruiter ti può aiutare a trovare lavoro ma NON lavora per te. Lavora per il cliente che lo paga e deve fare innanzitutto i suoi interessi, che possono eventualmente coincidere con i tuoi.

Per questo motivo, il recruiter può essere sicuramente una risorsa per ogni candidato che vuole trovare lavoro, ma il candidato deve essere comprendere che il recruiter deve valutare e selezionare i profili disponibili col fine di presentare al cliente i professionisti (o giovani talenti) che, secondo la sua valutazione professionale, meglio si avvicinano alle richieste implicite ed esplicite del cliente (che includono competenze dirette, trasversali ed il match culturale): si tratta della selezione del più adatto per un dato ruolo, non del più bravo in assoluto.

Un bravo recruiter sicuramente riconosce e valorizza i candidati di talento che incontra sul suo percorso, che magari sul momento non combaciano con le richieste dei suoi clienti ma potrebbero esserlo un domani. Quando le circostanze lo consentono, consiglia e fornisce indicazioni su come comportarsi per la ricerca di lavoro e le presentazioni con i clienti, ma ciò non può avvenire sempre e con tutti perché diventerebbe insostenibile per il recruiter, che non avrebbe più modo di svolgere i suoi compiti principali per il cliente che lo paga.

Il recruiter sta quindi attento a curare la relazione sia con il cliente che coi potenziali candidati. Al cliente deve fornire consulenza assieme alla miglior risorsa possibile all’interno di un periodo di tempo limitato, secondo gli accordi intrapresi; al candidato fornisce una trasparenza in merito alle sue prospettive di idoneità per un dato ruolo.
Purtroppo è molto difficile fornire feedback dettagliati a tutti i candidati specialmente quando arrivano 300 candidature al giorno, dato che non c’è il tempo: non si può sottrarre tempo per attività gratuite a quello da dedicare alle attività pagate dal cliente!
Chi lavora con me però sa che c’è sempre un rapporto di trasparenza almeno con tutti i candidati mandati in presentazione. I candidati sono infatti linfa vitale per un recruiter, in quanto sono in ultima analisi parte integrante del prodotto e servizio che egli vende ai propri clienti ed una forza che lo supporta con referenze e passaparola verso altri candidati più in linea con le richieste necessarie.

Recruiter e candidati sono quindi interdipendenti perché ognuno è utile all’altro, ma con un peso negoziale diverso.

Parliamoci chiaro: è il recruiter che seleziona e dunque decide chi presentare al proprio cliente e sono i candidati a doversi affidare ad un recruiter per ottenere il lavoro desiderato.
Per questo motivo, per quanto ogni candidato sia utile ad un recruiter, sta al candidato saper mantenere positive relazioni con i recruiter anziché farseli nemici, perché si raccoglie sempre ciò che si semina.

Normalmente un recruiter lavora per più clienti alla volta, pertanto il suo tempo – che è una cosa importante per tutti – ha un valore ancora maggiore: più tempo ci mette per chiudere una selezione, più tardi viene pagato.

Ecco perché le seguenti sono le 5 cose che fanno incazzare di più un recruiter:

  1. perdere tempo
  2. ricevere CV illeggibili, prolissi o troppo scarni, il cui eccesso o carenza di informazioni fa perdere tempo
  3. ricevere candidature non coerenti con l’annuncio, che fanno perdere tempo
  4. candidati arroganti e/o che mentono, dunque impresentabili e che costringono a ripartire da capo, facendo perdere tempo
  5. candidati che non si presentano alle selezioni, che fanno perdere tempo ed indispettiscono il cliente del recruiter.

Fai una di queste cose in modo ripetuto, a volte basta anche solo una volta, e preparati a finire nella lista nera dalla quale non ne uscirai più e che ti impedirà ad accedere ad ogni futura occasione di lavoro!

Così finisci solo per perdere tempo ed inimicarti i recruiter, che ti mettono in lista nera e non ti considerano più, nemmeno per lavori per i quali saresti qualificato, perché ti percepiscono come uno che fa perdere tempo ed una persona non affidabile, da non presentare ai propri clienti. Inoltre noi recruiter a volte cooperiamo anche tra agenzie non concorrenti e le referenze negative girano velocemente.
Non pensare, infatti, che inviare il tuo CV a casaccio ad un recruiter in risposta ad un’offerta di lavoro nella speranza che lui ti noti e ti ricontatti per altro, magari pensando che “tanto ne vede a centinaia ogni giorno, non si ricorderà mai di me”, sia senza conseguenze.
Gli archivi, i software gestionali e la memoria visiva aiutano moltissimo e sono molto più forti di quello che puoi immaginarti, soprattutto se ti candidi tramite LinkedIN dove la fotografia nel tuo profilo aiuta moltissimo a ricordarsi di te.

Per contro, ci sono 5 cose che ogni recruiter ama più di ogni altra cosa:

  1. trasparenza, velocità ed idee chiare dei candidati
  2. ricevere CV chiari, corti ed adattati per l’offerta di lavoro specifica, che aiutano a capire subito chi si ha di fronte
  3. ricevere solo candidature coerenti con l’annuncio pubblicato, dove sono presenti almeno l’80% dei requisiti richiesti – bene evidenziati su un CV e sulla lettera di presentazione.
  4. candidati che sono sinceri ed affidabili, con i quali poter costruire un sistema di collaborazione a lungo termine
  5. ricevere referenze pubblicabili su LinkedIN che testimoniano la propria professionalità e competenza, così come contatti di altri professionisti idonei per un ruolo vacante. da parte di candidati che capiscono che, pur volendo lavorare, sono troppo distanti da quanto richiesto.

COME RAGIONA UN datore di lavoro?

Il datore di lavoro deve pensare allo sviluppo e sostenibilità della sua impresa. C’è un’infinità di situazioni possibili e ci sono enormi differenze tra PMI, multinazionali, micro-imprese e settore pubblico dato che ogni tipologia di impresa ha le sue esigenze e processi di selezione ed inserimento delle nuove risorse umane.

Ogni datore di lavoro deve sempre e comunque tenere sotto controllo i costi delle proprie risorse umane. Sotto questo fronte ho visto di tutto nella mia carriera: aziende serie dove si da il giusto compenso ai lavoratori per valorizzarli, tenerne alta la motivazione e trattenerli in azienda a lungo termine ed altre in cui si pretende non dico un lavoratore di 30 anni con 40 anni di esperienza da pagare come se ne avesse 20, ma quasi.

Senza poter riassumere in poche righe l’infinità dei casi possibili, un datore di lavoro (o grande impresa) ha un’idea di ciò che cerca, frutto di una razionalizzazione dei bisogni operativi frutto dell’analisi della forza lavoro e delle competenze mancanti, sommate al bisogno di inserire una figura che si integri bene con l’azienda a livello culturale e che come minimo non causi problemi ma, possibilmente, si attivi per risolvere quelli attuali e collabori proattivamente alla crescita e sviluppo dell’azienda.
Idealmente, deve dare un ritorno in valore superiore all’investimento in stipendio che viene fatto altrimenti non ha senso tenerla – che sia in produttività diretta o in servizi dal valore aggiunto.

Ecco perché le seguenti sono le 5 cose che fanno incazzare di più un datore di lavoro:

  1. bugie sulle competenze millantate sul CV ed in sede di intervista
  2. ulteriori problemi all’azienda anziché soluzioni
  3. Incostanza ed opportunismo, soprattutto di quei lavoratori che restano per poco tempo nelle aziende causando i danni legati al costante ricambio di personale
  4. arroganza, specialmente quella di voler cambiare tutto senza sapere ancora niente di come funziona l’azienda
  5. perdite di tempo e di soldi (che spesso sono la stessa cosa)

Per contro, c’è una cosa che  ogni datore di lavoro ama in ultima analisi:

  1. la reale capacità di risolvere problemi e, dunque, di portare un valore aggiunto ad un’azienda

Tutto il resto viene a cascata dal primo punto. Proprio tramite questo aspetto è forse possibile identificare la maggiore differenza tra un recruiter ed un datore di lavoro, nonostante le numerose analogie ed il comune odio per le perdite di tempo: il recruiter deve presentare i candidati che più aiutano il datore di lavoro a risolvere un problema a breve termine, attenendosi il più possibile alle richieste immediate del cliente, mentre il datore di lavoro ha maggiore facoltà di poter considerare anche candidature spontanee da professionisti che gli propongono un valore aggiunto per la sua azienda, del potenziale, delle capacità mancanti e necessarie, valutando anche sul lungo periodo ed a prescindere da posizioni vacanti e rigide richieste a cui attenersi.

Ed è per lo stesso motivo che alcune aziende preferiscono lasciare delle posizioni vacanti sino a quando non trovano la persona giusta per riempirle ed a cui delegare certi compiti, piuttosto che riempirle presto ma male.

In sostanza, i recruiter cercano candidati “allineati” ai requisiti che possano vendere, mentre gli imprenditori sono più interessati a persone in gamba da valorizzare.

Per tali motivi è importante che il tuo CV e lettera di motivazione siano adattabili in due versioni diverse a seconda del bisogno: una per il recruiter basata sulle richieste formulate tramite l’annuncio di lavoro, una su chiave speculativa per il datore di lavoro. La prima deve saper comunicare al recruiter che ha trovato la persona più adatta da presentare al suo cliente tramite un tailoring accurato, che gli farà chiudere presto ed in modo permanente la ricerca e selezione in corso; la seconda deve essere saper comunicare al datore di lavoro tutto il potenziale ed il valore presente ed a lungo termine che puoi fornire alla sua azienda, anche e forse soprattutto in chiave speculativa e propositiva.

Senza questi elementi, continuerai ad inviare il tuo CV a centinaia se non a migliaia nella speranza che qualcuno ti chiami, ma quel CV basato sul formato europeo continuerà a venire usato come carta straccia: hai ancora dubbi sul perché ti è essenziale avere il tuo Curriculum Vincente con l’effetto “WOW!”?

Mattia Loy
ilcurriculumvincente@gmail.com

PS: apro e chiudo una parentesi sui “colleghi” che pubblicando i nominativi di disoccupati sulle loro bacheche di LinkedIN per aiutarli a trovare lavoro.
Conoscendo il settore, posso affermare con certezza che quei “colleghi” non si stanno comportando in modo professionale in quanto, ammesso che facciano realmente quello che dicono e che non ci siano problemi di privacy, andrebbero a svolgere un lavoro gratuito per i propri clienti (follia per un professionista) ed andrebbero ad annullare quel processo di selezione del più idoneo per un ruolo che sta alla base della loro stessa professione, venendo così meno alla propria identità professionale e creando nel contempo delle aspettative irrealistiche nei candidati che li seguono.
Ma anche a te, candidato, sei sicuro che giovi alla tua immagine cercare lavoro in questo modo? Pensaci: è la dimostrazione che non sai proporti professionalmente alle aziende, che vali meno degli altri se devi ricorrere a simili espedienti. Fare network (e va fatto!) è un’altra cosa. E  mettiti nei panni di un’azienda: perché dovrebbe scegliere te solo perché ha visto il tuo nominativo su LinkedIN quando ha probabilmente la fila di persone che bussano alla porta per un dato ruolo? Basta quello per la fiducia? Se ti fermi un secondo a riflettere, ti rendi conto che non ha senso e dovresti diffidare di chi è animato solo da buone intenzioni ma non ha i mezzi per fare bene il suo lavoro, perché gli effetti negativi finiscono per ricadere su di te.

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5 risposte

  1. Perdonami signor Padreterno, tu che scrivi “Fai una di queste cose in modo ripetuto, a volte basta anche solo una volta, e preparati a finire nella lista nera dalla quale non ne uscirai più e che ti impedirà ad accedere ad ogni futura occasione di lavoro!”, ma chi ca**o ti credi o vi credete di essere voi recruiter? Il tuo è semplice wishful thinking, anche patetico e ridicolo.
    Mi dispiace disilluderti ma, per esperienza voi non contate niente e non sapete neanche di cosa parlate quando parlate di IT (il mio settore) per esempio. E io sinceramente me ne sbatto di finire sulla vostra lista nera, siete tu e le aziende clienti (a cui dici di tenere tanto), che ci perdete, non io che il lavoro lo trovo quando voglio. E poi c’è sempre l’estero, dove la gente è competente e non ha una mentalità simil-mafiosa
    Cordialità e impara a stare al mondo, improvvisato che non sei altro.

    1. Vorrei ringraziare questo “genio” del personal branding per la sparata: uno splendido esempio di traccia che rimane sul web e di cose da NON FARE.
      E ora, dopo lo sfogo, cosa credi di aver ottenuto?
      Non capisci nemmeno che ciò che critichi è un mio consiglio a favore del candidato per rendergli una vita più facile ed evitare di perdere tempo in azioni non solo inutili ma pure contro-produttive, non una mia immedesimazione in certe storture del sistema che conosco sin troppo bene e che sono presenti sia in italia, che in UK che in Svizzera.
      Purtroppo sei tu che non conti niente, mentre sottovaluti l’importanza sia dei recruiter d’azienda che di quelli d’agenzia (che certamente non sono “Dio” ma hanno il loro peso, altrimenti non lavorerebbero) ed il tuo messaggio pieno di rabbia è la dimostrazione della frustrazione che provi, e che rende distruttive le tue relazioni nel mondo del lavoro e sicuramente riduce le tue capacità di trovare nuove o migliori opportunità.
      Cordialità, e rifletti sulle cavolate che hai scritto.

  2. Mattia , ..uno splendido esempio di cose da NON FARE? Flavio non ti sta proponendo la sua candidatura come consulente IT , ha espresso un’opionione, puo non piacerti il suo modo di esprimersi ma non sei la sua nonna per dirgli cosa non deve fare 😀

    1. Caro Roberto, in virtù della mia professione, so cosa è utile e cosa è distruttivo nella ricerca di lavoro ed in questo blog do consigli gratuiti di indiscusso valore sul tema, forte di 20 anni di esperienza e di un numero esponenziale di clienti soddisfatti che hanno trovato lavoro grazie a me.

      Inoltre, io non “obbligo” Fabio a comportarsi come dico io, ma uso il suo errore (tutt’altro che educate opinioni differenti) affinché gli altri possano imparare dai suoi sbagli. Guarda che “libertà” non è fare come ci pare e piace, l’ho già spiegato nell’articolo sul personal branding.

      Tu piuttosto rifletti sul fatto che, dicendo a me di non dire a Fabio come comportarsi, stai incorrendo esattamente nell’errore di cui mi accusi. E so per certo che tu non sei mia nonna 😉

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